domenica 4 ottobre 2015

L'altra Malattia
L'altra malattia.

Poi era accaduto proprio a me.
Chi lavora in ambito sanitario sviluppa delle convinzioni prima o poi, convinzioni scientifiche, etiche, deontologiche, umane.
Si esercita la professione sanitaria e la si osserva, si opera rispondendo a dei doveri di obbedienza scientifica, si amalgamano le conoscenze ad un personale uso della medicina adattandola all'uomo.
Almeno credevo.
Fino a quando non passi dall'altra parte e l'osservatore diventa osservato, sorvegliato, ammalato.
Cliente dell'azienda salute che ci dovrebbe proteggere e curare.
Quando sei un promotore di salute osservi con lenti spesse il cammino di chi sta affrontando la salita, come quando sei madre e piena di fiducia porti tuo figlio a vaccinarsi, com'è giusto che sia, in un sistema salute fiduciario che dopo soli due mesi di vita biologica inserisce un neonato sano in un sistema di prevenzione che diventerà un imprinting nella vita di chiunque.
Nasciamo sani e con una vita davanti, una vita nuova ed imprevedibile, con relazioni e legami che tracceranno come fili tessuti sociali in cui muoversi, nasciamo esattamente per questo, per entrare in altri sistemi e ci entreremo di pancia così come siamo usciti, di testa.
Poi era accaduto proprio a me.
Il dolore provato era identico a quello che il mio corpo mi stava raccontando.
Basso, laterale sinistro, spastico, dalla parte del cuore ma renale, uretrale.
Lo stesso identico dolore provato una settimana prima.
Alto, addominale, spastico, in mezzo al petto, gastrico.
Apparentemente nessun collegamento, non era il cuore biologico che soffriva e non è servito un cardiologo per capirlo, ma ora serviva un urologo per spiegarmi il resto.
Ma anche no.
Il tavolo rigido della TAC è il luogo perfetto per tirare le somme, certe somme, non tutte.
Mentre qualcuno ti inietta nelle vene il mezzo di contrasto tu hai già in chiaro e scuro tutta la tua vita davanti, perfettamente scansionata.
Ci sono almeno una decina di ragioni per cui ti convinci che sarà giusto uscire da quella macchina con una diagnosi quanto meno sibillina, poi per un paio di ragioni certe meriterai una titolazione diagnostica più accreditata, di sicuro una ragione tutti ce l'hanno per uscire con una di quelle diagnosi che ti verranno comunicate con perifrasi, metafore e luoghi comuni.
Chiudo gli occhi e mi abbandono al calore del mezzo di contrasto che sta percorrendo, ad uno ad uno, tutti i miei errori e quando arriva alla vescica brucia, brucia così tanto che capisco che devo averla combinata grossa.
Il senso di colpa.
Vedo prima del tecnico radiologo la prima scansione, la vedo da tempo.
La vedo e la tengo a bada o almeno credevo di saperlo fare.
Penso che uscirò da quel tubo metallico comunque rigenerata, avvelenata da un calice di contrasto ma vedrò chiaro in me stessa, avrò delle belle scansioni della mia anima, ben che vada.
Va bene.
Non ho quello che tutti temono, tranne io, non ho una massa.
Massa.
Mi vengono in mente tutte le parole sentite in trent'anni di mestiere per definire un tumore.
O per non definirlo, per aggirarlo, per confonderlo, per travestirlo.
Non ho paura.
Oggi è andata bene, non ho una massa, ma ho comunque un danno dentro di me, è lì che mi osserva con quel dolore lancinante al fianco sinistro, è lì che fa bollire il mio sangue fino a 40 gradi, è lì che mi fa tremare e sudare.
Ma non è una massa, rilassati baby, passerà.
Non passa.
E se passa passa per qualche stregoneria farmacologica che mi stanno iniettando dentro un catetere venoso impiantato nel braccio, passa per il paracetamolo che mangio come caramelle, passa perchè qualcuno deve farmelo passare e scrivere in cartella: “ dolore regredito, sfebbrato”.
Io sto male.
Non ho male ma sto male.
La testa va per conto suo, non sopporto la luce, tengo gli occhiali da sole di giorno, vorrei dormire, non riesco a dormire.
Chiamano uno bravo che mi prescrive una Tac nell'unico posto dove non avevano cercato.
La testa, la mia testa, davvero pensate di capirla con una Tac? Prego.
Altro giro, altro liquido che brucia nelle vene, ma la Tac del cuore nessuno che la inventerà?
Non ho una massa che comprime, o se comprime comprime ben altro, anche se non la vedete.
Inizia un corpo a corpo tra loro e il mio sangue, che è anemico, ribelle, incazzato, denso, caldo, passionale, rosso, Rh negativo.
Negativo.
Finalmente una risposta da laboratorio, quindi certa, anzi certificata da un antibiogramma.
Ho una causa, ho un nome, ho il nome del batterio che sta facendo i cazzi suoi a casa mia.
Ho il nome e il cognome del mio avversario, posso combatterlo, sfidarlo, vincerlo.
Altro veleno, dentro di me.
Mentre diluisco l'ennesimo antibiotico che mi inietterò nelle vene mi chiedo come può un flaconcino dal costo unitario di euro 198 salvarmi da tutte le mie paure.
Faccio un rapido conto, costo 600 euro al giorno al SSN, cazzo devo averla combinata grossa.
I soldi, maledetti, ecco un'altra paura.
Vorrei averne tanti oggi, per vivere serena, per poter acquistare una macchina per Fabio, per aiutarlo nella sua crescita, per mandarlo all'università.
Baratterei questa terapia con l'equivalente per aprirgli un conto in banca.
Ma non ho che uno stipendio, qualche rata da saldare e me stessa, sola.
Il batterio gode lo so, lo sento, si piazza sulla vescica e balla una tarantella cercando di risalire dal torrente venoso, arriva fino alle porte della splenica e trova chiuso, si gira e torna giù, nei bassifondi.
La terapia costosissima sta facendo il suo sporco lavoro, pare certo che guarirò, l'ha detto il giovane medico che dimettendomi mi ha detto: “per questa volta è andata bene”.
No, non è andata bene.
Poteva andare meglio se la massa era una bella massa e entravo di diritto in qualche bel protocollo oncologico preconfezionato, non è andata bene perchè avete scandagliato il mio corpo cercando il peggio senza osservare il minimo che era lì che vi guardava, mi avete pensata oncologica, poi psichiatrica, poi infettiva, poi depressa e su qualcosa avrete avuto anche ragione.
Mi avete iniettato, prelevato, misurato, parametrato, infilato, somministrato, perfuso, introdotto, valutato.
Non mi avete mai chiesto cosa era successo nella mia vita perchè ad un certo punto le mie difese immunitarie erano crollate, non ve ne importava nulla, vi bastava la conta dei globuli bianchi, vi bastava veder sventolare la proteina C reattiva per salvarmi e salvarvi dai nostri umani limiti.
No, non è andata bene.
In otto giorni ho visto trasformarsi l'efficienza e lo zelo diagnostico in compulsione sanitaria, come un fantoccio sono stata sbarellata da un ambulatorio all'altro nell'attesa di un verdetto, perchè un verdetto cercavate, una cazzo di diagnosi, un DRG (Diagnosis Related Groups), una ragione per poi spendere tanti, troppi soldi per curarmi adeguatamente.
Ma vi dico grazie.
Grazie per non avermi inserita in un programma oncologico, grazie per le cure efficaci e le consulenze gratuite, grazie per non avermi spiegato cosa era successo nel mio corpo ad un certo punto della mia vita.
Forse dovrei spiegarvelo io.
Ma mi rimandereste dal neurologo.
E' andata bene sì, sono qui, sono viva, e fortunatamente molto lucida.
La salute mi parla, il mio corpo mi racconta ogni giorno delle cose e io, semplicemente, mi metto in modalità ascolto attivo.
Anche adesso che scrivo, so che questa colite è terapeutica.
Benvenuta cara nel mio giardino di nuvole e lenzuola.
Accomodati, posso offrirti qualcosa?

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